Non dobbiamo smettere di essere cipolle

di Gianfranco Ruggiero

La cipolla. Esistono una miriade di varietà di uno degli ortaggi più utilizzati in cucina. Cipolla bianca, rossa, ramata, di Tropea. Ognuna con la propria caratteristica. Dopo averla finemente tritata, insieme ad un ottimo olio extravergine di oliva, dà vita a quel soffritto che rappresenta l’inizio di una sicura prelibatezza. All’inizio la cipolla è la regina, il suo profumo pervade la cucina e non solo. C’è solo lei. Poi con il soffritto le cose cambiano. Il profumo e il sapore vengono attenuati dagli altri ingredienti. La cipolla c’è sempre ma si sente sempre meno. È diventata uno dei tanti ingredienti, fino al momento in cui la ricetta è portata a termine dove della cipolla si sente appena il sapore. No, tranquilli, non parlerò di cucina. Ho voluto raccontare questa metafora perché noi siamo come delle cipolle. Ognuno di noi ha le proprie caratteristiche, ognuno di noi è speciale e sicuramente ha un suo ruolo in questo mondo. Ognuno di noi è un frammento di luce divina che ha scelto di percorrere un cammino di evoluzione, perché volenti o nolenti di questo si tratta. Certamente sarà un cammino tortuoso. I cammini facili, la via più breve, lo scendere a compromessi svendendo la propria anima, porteranno a benefici materiali ma saranno illusori, effimeri. Sarà un’eterna lotta con la propria coscienza, lotta tra la luce e il lato oscuro che ognuno di noi ha. Ma che cosa possiamo fare per aumentare la nostra consapevolezza e non cedere alle tentazioni? Leggere, studiare, informarsi per essere capaci di comprendere cosa hanno compiuto nella storia e cosa stanno cercando di portare a termine nel prossimo futuro. Edward Bernays, nipote di Sigmund Freud, è considerato il padre delle pubbliche relazioni, diceva: “noi dobbiamo far fare alle persone quello che vogliamo noi ma senza che se ne accorgano”. Il braccio destro di Adolf Hitler non era il ministro della guerra, o il ministro dell’industria ma era il ministro della propaganda e dell’istruzione Goebbels. Per venire ai giorni nostri, vorrei citarvi Igor Sibaldi, Scrittore, Saggista e Teologo, che dice: “quella che si chiama Tarda Società Industriale ha assunto gli stessi strumenti di condizionamento dei totalitarismi: fascismo, nazismo, stalinismo. Li ha assunti ed elaborati allo scopo principale di fare in modo che la gente compri quello che gli viene detto di comprare. Questo è lo strumento su cui attualmente il sistema fa leva per tenere la gente immobile. In un’epoca di tecnologia avanzata, in cui la gente potrebbe lavorare di meno e capire più cose, e guardarsi intorno, bisogna fare in modo che la gente abbia paura e viva in una situazione di crisi. Per cui si inventano crisi e tormenti vari perché la gente, pur stando molto bene e avendo più tempo a disposizione, non abbia modo di usare questo maggior tempo ma sia schiacciata dall’ansia”. Troviamo il tempo per fermarci, per riflettere. È veramente così, cosa stanno facendo, ci stanno veramente manipolando? Quando mai si sono visti governi, a prescindere dal colore sempre meno distinguibile, obbedire passivamente a organismi internazionali che a tutto paiono puntare meno che alla tutela dei Popoli? Per non parlare della stampa e degli homines cultura. All’epoca del fascismo solamente 12 professori universitari su oltre 1200 rifiutarono di giurare fedeltà al regime accettandone, da uomini veri, le conseguenze. Perché mai dovrebbe essere diverso oggigiorno? Perché abbiamo la storia, quella ufficiale e quella non divulgata tratta da atti desecretati che la riscrivono facendo comprendere che gli intrighi e le lotte di potere con “danni collaterali” ci sono sempre stati ma che non ci hanno mai raccontato. Lamberto Rimondini che ebbe la fortuna di collaborare con Giulietto Chiesa, ce lo spiega ottimamente nei suoi volumi “L’altra storia d’Italia” con i quali, de facto, riscrive la storia italiana e lo fa con documenti ufficiali tratti dagli archivi storici. Riscrive la storia non è una boutade ma è proprio il termine da utilizzare in questo caso.  Posso comprendere, che non significa condividere, chi, amante di una vita arcobaleno senza alcun limite, abbia da ridire sul libro del generale Roberto Vannacci “Il mondo al contrario”. E la critica, la quasi totalità delle volte, avviene senza averlo letto. A critiche avvenute, a volte feroci, è stato candidamente ammesso di non averlo letto da parte di un magistrato, di un ministro, di scrittori e di giornalisti che si dovrebbero preoccupare di tenere fede all’etica del giornalista che ai primi due articoli “impone” la ricerca della verità anche a costo di diventare scomodi al potere. Dicevo posso comprendere le critiche al libro di Vannacci che esprime le sue, lecite come tutte, opinioni sul mondo che ci stanno imponendo di vivere, non posso comprendere, né tantomeno condividere, le critiche ai tomi di Rimondini perché, in questo caso, non sono opinioni personali o interpretazioni dell’autore ma sono un resoconto della storia italiana dall’epoca del Regno delle Due Sicilie, ricchissimo e “fastidioso” per i Rothschild parigini e londinesi che fecero in modo che il Canale di Suez non diventasse strumento del Regno delle Due Sicilie già industrializzato e in continua espansione a livello commerciale. La prima cosa che i Savoia fecero dopo la “conquista”, fu chiudere le scuole per dieci anni, depredare l’apparato industriale e perseguitare, anche bambini, che si rifiutarono di sottomettersi. È storia. Come è storia che Garibaldi, l’eroe dei due mondi, ricevette a Napoli decine di milioni dal ministro degli esteri francese come ringraziamento per il compimento dell’opera. Poco più di un secolo più tardi, a Napoli ci fu l’incontro tra Romano Prodi e Jacques Chirac. L’Italia aveva la bilancia commerciale in attivo, era la quarta potenza mondiale, non aveva ancora privatizzato la banca d’Italia e non aveva ancora smembrato e svenduto l’IRI. Poche settimane fa Romano Prodi ammise candidamente che da Presidente della Commissione Europea lui era rappresentante del proprio Paese ma SERVO dell’Unione Europea. Non avete idea dei servizi giornalistici alla tv, dei titoloni in prima pagina, delle manifestazioni che hanno riempito le piazze, parlamentari in testa, per protestare contro un “servo”. Non ne avete idea perché nessuno si è sognato di batter ciglio. Non sono opinioni. È storia. Ma cosa c’entra con i nostri giorni? Mi voglio ripetere. Troviamo il tempo per fermarci, per riflettere. Che vita facevamo negli anni settanta noi sessantenni? Non è forse vero che finito di pranzare e terminati in fretta i compiti, sparivamo dagli occhi dei genitori per andare nel nostro cortile o in uno adiacente per incontrare i coetanei, per giocare, per andare in bici nel paesino vicino per poi tornare sudici a casa con il sorriso stampato? Non è forse vero che in età adolescenziale andavamo in motorino o in autobus in giro con gli amici, senza meta o al campo sportivo per la partita o il torneo contro compagnie che conoscevamo tramite telefono con filo e disco? Anche se avevi quattordici anni la parola data era sacra. Mai una partita andata a buca per mancanza di giocatori, i cellulari non c’erano ma la correttezza e la voglia di stare insieme, quella sì. E quali messaggi venivano veicolati dalla TV? All’epoca fece scalpore la pubblicità della Mental “Io ce l’ho profumato. L’alito, che cosa avevi capito?” Sì, è vero, poi inizio l’epoca della TV commerciale dove “iniziarono a spogliare le donne”.  E da allora sempre peggio. Avete mai notato le pubblicità, le serie tv, i film, i cartoni di oggi? Provate a notare il livello di mercificazione del corpo, quale messaggio viene inculcato a ignari telespettatori che quando hanno un momento libero si siedono davanti alla scatola magica pensando di scegliere loro cosa guardare. Tra gli ignari telespettatori ci sono adolescenti e bambini parcheggiati sul divano perché c’è sempre meno tempo per “stargli dietro” e crescerli con dei valori autentici e non dettati dalla propaganda che è della stessa famiglia di “noi dobbiamo far fare alle persone quello che vogliamo noi ma senza che se ne accorgano”. Stessa cosa accade in politica. Il 29 dicembre del 2023 rimarrà nella storia. Perché? Per il semplice motivo che un governo che fino a poche decine di mesi fa si dichiarava patriota, a difesa degli italiani e del made in Italy, ha emesso un decreto che autorizza la produzione e messa in commercio di farine con l’aggiunta di farine di grilli e insetti vari. Ovviamente per il nostro bene hanno specificato come e dove etichettarlo ma in caso di “errori” la pena sarà solamente in pecunia e sappiamo tutti che a bilancio di un’azienda ci sono anche le spese previste per le ammende. Il decreto ovviamente non vale per gli stessi prodotti importati da paesi al difuori dell’UE. Un po’ come avviene per i prodotti OGM, vietato coltivarli in Italia ma non ne è vietata l’importazione. Lascio a ognuno di voi le proprie considerazioni. Come se non bastasse qualche illuminato presidente di regione ha già iniziato ad invitare i coltivatori a “dismettere” i loro campi dietro un compenso annuale che va dai 600 ai 1500 euro per ettaro che non dovrà più essere coltivato per i prossimi 10/15 anni. Queste sono solo due delle centinaia di provvedimenti europei recepiti nel corso degli anni dal nostro governo di turno, sempre a prescindere dal colore che sempre più si fa fatica a distinguere. Eppure ci sono sempre milioni di persone che anziché fermare i loro delegati, con il voto noi li deleghiamo, e chiedere spiegazioni, persistono ad inchinarsi con devozione e adorazione. Ognuno di noi ha una dignità e una responsabilità verso le generazioni future che, normalmente, dovrebbero essere orgogliose e fiere dei propri avi. Accade, invece, sempre meno raramente che la società ci faccia conoscere persone pronte a tutto pur di raggiungere il successo anche nel caso fosse necessario fare il patto con il diavolo. Peppino Impastato, Giuseppe Fava, Maria Grazia Cutuli, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Aldo Moro, Ilaria Alpi, Oriana Fallaci, Giulietto Chiesa, Mino Pecorelli, sono solo alcuni dei nomi che andrebbero fatti conoscere, studiare, approfondire e far comprendere agli studenti come esempi da ammirare, da seguire, da tramandare. Ai giovani va insegnato a pensare, a sviluppare un pensiero critico, devono essere incoraggiati a esprimere la loro opinione. Non va imposto cosa pensare. Non vanno condannati e “presi di mira” quei ragazzi che dissentono dall’opinione dell’insegnante, Il valore degli articoli della costituzione va insegnato con l’esempio prima di tutto. L’articolo 21 della costituzione dovrebbe essere ritenuto sacro soprattutto a scuola dove si formano le coscienze dei cittadini e della classe dirigente del futuro. Ma forse è proprio questo il punto. Perché non si fa? Di cosa si ha timore? La storia è composta da verità e storytelling, una volta tolta la verità, rimane la narrazione ufficiale data da chi deve rispondere o politicamente o economicamente a chi possiede “il diritto” a informare. E allora come fare? Semplicemente con una sana rivoluzione culturale fatta di libri, di incontri, di discussioni, il futuro è dei giovani che devono prenderselo senza chiedere il permesso. Non deve essere un’applicazione sullo smartphone a dettarvi l’agenda, non deve essere un tablet, non devono essere influencer o cantanti ad essere idolatrati e seguiti pendendo dalle loro labbra. Siate idoli di voi stessi compiacendovi per il livello di consapevolezza acquisito e fatevi una risata voltandovi e guardando come eravate perduti, attendendo che fossero i matusa della politica/merchandising a decidere cosa fosse meglio per voi, come dovevate vestirvi, cosa dovevate comprare, che locali dovevate frequentare. Lo psichiatra e psicoanalista Carl Gustav Jung diceva: «Non è poi così importante che io faccia carriera o realizzi grandi cose per me stesso. Ciò che conta e dà senso alla mia vita è che io viva nel modo più pieno possibile per realizzare la volontà divina che è in me. Questo compito mi occupa a tal punto che non mi resta tempo per nient’altro. Vorrei farvi notare che, se tutti vivessimo in questo modo, non avremmo più bisogno di eserciti, né di polizia, né di diplomazia, di politica, di banche. Avremmo una vita ricca di senso e non, come ora, pura follia. Ciò che la natura chiede al melo è che produca mele, e al pero che produca pere. Da me la natura vuole che io sia semplicemente un uomo, ma un uomo cosciente di ciò che fa.» E ai genitori dico di stare vicino ai propri figli, mai come in questo tempo “di plastica” la loro fragilità li rende particolarmente vulnerabili soprattutto quando educazione, rispetto e sensibilità vengono ritenuti non valori rari da preservare ma debolezze dell’individuo. In questo caso i “ragazzi fighi”, quelli che sono un vanto in famiglia, perché è un bullo che si fa rispettare e temere, contagiano con il peggio del peggio i ragazzi più deboli e senza carattere che, esattamente come fanno gli adulti, tacciono, non si ribellano e sovente stanno con i più forti per evitare problemi. Esattamente come sempre è accaduto con i regimi totalitari. Ne usciremo mai, diventeremo una società migliore? Dipende da ognuno di noi, dalle nostre scelte, dalla nostra eterna lotta contro il lato oscuro. Noi tutti siamo gocce di uno stesso mare. Non dimentichiamo di essere speciali. Non dobbiamo smettere di essere cipolle.